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SitCom, o alla ricerca dell’amore eterno

Elaborazione grafica di Emanuele Conti
parole di Emanuele Conti
La sitcom (SITuation COMedy) è uno dei generi più diffusi nei palinsesti televisivi e da qualche anno anche nei prodotti originali dei service di streaming. Ma dalla sua nascita a oggi ha subito una profonda trasformazione, dovendo probabilmente il suo sempre maggior successo all’aver ereditato il popolare “…e vissero tutti felici e contenti.”

Friends – That’s ‘90s lifestyle
Nel settembre del 1994 viene trasmesso per la prima volta Friends dove, fatta salva la struttura seriale del prodotto finale, è la dinamica interna dei personaggi a cambiare completamente e drasticamente. Infatti nel periodo precedente Friends le sitcom erano semplicemente uno show con “gente amabile dove si vogliono tutti bene e qualunque cosa succeda alla fine di quella mezz’ora, beh, è tornato tutto apposto”, per dirlo con le parole di BoJack Horseman. Quel “tutto apposto” è far salvo il principio di status quo che garantisce ad un prodotto audiovisivo quella serialità che sancisce la possibilità di essere seguito da chiunque in qualsiasi momento e offre agli autori, un episodio dopo l’altro, un punto di partenza sempre uguale da cui sviluppare nuove storie che chiudendosi tornano al punto d’inizio.

Con l’arrivo della metà degli anni ’90 la struttura portante non è più quella del contesto familiare allargato che si è visto nelle sitcom di successo dei precedenti decenni come Happy Days tra ’70 e ’80 o I Robinson tra ’80 e ’90 in cui, fatto salvo un gruppo familiare ben definito come i Cunningham o i Robinson stessi (che addirittura danno il titolo alla serie), conosciamo anche altri personaggi marginali legati in qualche modo al contesto familiare: occasionali nonni, lontani zii, amici più prossimi relegati al ruolo di comprimari. Con l’arrivo di Friends il contesto familiare (se vogliamo, tradizionale) cede il passo ad un diverso tipo di famiglia; quella di provenienza dove sono forti i legami di sangue cede il passo e viene relegata ad un ruolo marginale se non addirittura posta come semplice sfondo a cui accennare occasionalmente, mentre da questo momento si dà un ruolo preminente ad una seconda famiglia, quella che ognuno sceglie, quella cerchia ristretta di amici inseparabili a cui siamo legati a doppio filo.

I motivi di questo slittamento sono molteplici, e vanno da una semplice esigenza narrativa che dia nuovo respiro ai contenuti, a fattori più profondi che determinano un forte cambiamento sulla società di quegli anni. Eliminato ogni (o quasi) legame familiare, la narrazione si libera di alcuni vincoli impliciti per poter prendere altre vie. Partiamo proprio dalle premesse di Friends: Rachel abbandona il futuro marito all’altare dovendo così ricostruire la propria vita, Pheobe è una massaggiatrice ma aspira a diventare una musicista, Monica cerca la sua strada come chef, Ross (fratello di Monica) è un paleontologo che sta uscendo da un divorzio, Chandler è un analista contabile e Joey un attore alla ricerca del successo. Tre ragazze, tre ragazzi, abitano gli uni di fronte gli altri sullo stesso pianerottolo di un palazzo nel West Village di New York e il loro punto d’incontro, il territorio franco in cui ritrovarsi alla pari, è il Central Perk, un bar al piano terra dello stesso palazzo in cui vivono. La trama, che si dipana lungo ben dieci stagioni, come si può capire dalle premesse è mossa per specularità ed è focalizzata sulla carriera ma soprattutto sulla vita sentimentale di questi sei giovani, single e sulla trentina. Dopo dieci anni di dis-avventure lavorative e sentimentali non solo tra i nostri beniamini e incontri più o meno occasionali ma anche tra loro stessi, arriviamo ad un punto di svolta che coincide con la fine assoluta della serie: le questioni sentimentali sono definitivamente risolte permettendo così la formazione di nuovi gruppi familiari. È la fine di una fase della vita e l’inizio di una nuova per ognuno di loro. In pratica solo quando quattro su sei personaggi trovano il vero amore e formano una propria famiglia il gruppo si scioglie, la serie perde i suoi presupposti e la narrazione esaurisce la sua esigenza. Arrivati all’Happy End sentimentale, è naturale presupporre che da lì in poi tutti vissero per sempre felici e contenti.

How I Met Your Mother – Il bicchiere mezzo pieno
La fine di una serie culto lascia inevitabilmente spazio per l’affermazione di un nuovo prodotto. A meno di un anno dalla fine di Friends la sua eredità viene raccolta a piene mani da How I Met Your Mother. La narrazione qui procede a ritroso: il primo episodio della serie si apre con Ted che inizia a raccontare ai due figli adolescenti come abbia conosciuto la loro madre. Si parte a cose fatte quindi, iniziamo dalla fine per ripercorrere una lunga strada che va avanti per nove stagioni: a Ted non interessa solo raccontare come ha trovato l’amore della sua vita ma tutto il percorso che lo ha portato a riconoscere il vero amore. How I Met Your Mother si discosta da Friends per una serie di fattori non secondari: perdiamo la specularità maschi/femmine, c’è già la coppia composta da Marshall e Lily che sembra indissolubile e che di fatto è fin dall’inizio l’emblema dell’amore eterno, il punto finale a cui Ted vuol tendere; poi ci sono Robin, dapprima fiamma di Ted che ben presto entra nella sua ristretta cerchia di amicizie, e Barney, l’irriducibile donnaiolo che fa da voce contro al trio Ted, Marshall e Lily. Anche qui siamo di nuovo alla presenza della ristretta cerchia di amici, giovani newyorkesi sulla trentina alle prese con la carriera e la vita di coppia, e di un appartamento in affitto condiviso da Ted e Marshall già compagni di stanza ai tempi del college. Inoltre Lily, fidanzata con Marshall ormai da vecchia data, in pratica coabita con i due ragazzi. Tutti e cinque frequentano l’irish pub sotto casa, il MacLaren’s. I rispettivi genitori del nostro quintetto sono personaggi del tutto secondari, in parte o totalmente assenti. Come in Friends la storia si muove principalmente grazie alle dis-avventure di cuore di Ted finché, come già sappiamo dal primo episodio, non corona il suo sogno d’amore. Arrivato alla fine dei suoi tormenti sentimentali la serie non ha più motivo di andare oltre.

The Big Bang Theory – Nerd Superstar
Con The Big Bang Theory compiamo forse inconsciamente un piccolo scarto su questa tematica. Sono passati ormai vent’anni da quando Friends ha raggiunto le nostre case e ormai anche la società ha affrontato un nuovo cambiamento. I protagonisti dell’era digitale sono giovani nerd, la nuova generazione di scienziati già inseriti nei massimi livelli della ricerca universitaria. Leonard è un fisico da laboratorio, Raj è un astrofisico, Sheldon un fisico teorico e Howard un ingegnere laureato al MIT. Tutti e quattro nerd che fino a pochi anni fa sarebbero stati considerati dei disadattati mentre ora sono delle rock star della cultura popolare giovanile. Appassionati di fumetti, videogiochi, hi-tech, menti geniali, dei completi imbranati dal punto di vista sentimentale.

Nel primo episodio Leonard viene folgorato dalla bellezza della nuova dirimpettaia, Penny, e passerà lunghi anni (sette stagioni circa) in un tira e molla amoroso con lei. Gli altri essendo nerd più imbranati di lui nei rapporti di coppia falliscono ancor più miseramente, a parte Sheldon che essendo abbastanza autistico limita il contatto umano allo stretto necessario (anche se infine, ma dopo lunghi anni, pure lui cederà alle ragioni del cuore per Amy). Oggi The Big Bang Theory conta già dieci stagioni, undici se consideriamo che da settembre sono stati trasmessi i nuovi episodi negli USA che vedremo solo da febbraio 2018 in Italia, in cui attualmente solo le coppie Bernadette/Howard e Leonard/Penny hanno trovato una propria stabilità amorosa fatta di alti e bassi, dove tuttavia nessuno ha mai messo in discussione il proprio partner. Ma la serie continua, non solo perché non tutti sono sistemati ma anche perché nonostante i rispettivi matrimoni di fatto poco è cambiato nelle vite dei personaggi: Howard vive con Bernadette nella casa in cui è cresciuto fin da bambino mentre Leonard e Penny inizialmente si sono visti costretti alla convivenza con Sheldon che non riesce ad abituarsi all’idea di rimanere solo mentre in un secondo momento, forzato dagli eventi, ha iniziato a cercare una quadra per la convivenza con Amy nell’ex appartamento di Penny (sull’altro lato del pianerottolo dove vivono lei e Leonard). Nel frattempo Raj ha dovuto lasciare l’appartamento dove viveva solo e piuttosto che trovare una soluzione simile al suo precedente stato, decide di accettare l’invito di Leonard e Penny di abitare con loro.

Tirando le somme, ad un primo colpo d’occhio appare evidente come le tre sitcom di maggior successo degli ultimi vent’anni riflettano in un certo modo la società che le ha partorite. La chiusura col passato, a metà anni ‘90, ha portato all’interno del genere una serie di temi e dinamiche forse mai affrontati prima con la stessa lucidità, e con la capacità di porre lo spettatore davanti a le sue stesse problematiche, affrontandole con l’arma dell’ironia e del sarcasmo. Oggi, con The Big Bang Theory, Chuck Lorre e Bill Prady mettono in luce una nuova fase della società contemporanea dove, nonostante la sicurezza data da un lavoro stabile e prestigioso, risulta tuttavia impossibile o quasi riuscire a tagliare quei ponti con il passato adolescenziale, nonostante si sia giunti a quel punto d’arrivo importante che è trovare la persona.


Emanuele Conti è laureato in Storia e Critica del Cinema, da diversi anni si interessa al mondo dell’entertainment multimediale. Ha collaborato alla realizzazione di alcuni video, è produttore esecutivo del documentario Splatter – La rivista proibita, lavora in una web radio ed è cofondatore di Globus.

Matteo:
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