illustrazione di Michel Chabaneau parole di Matteo Sarlo
Cosa significa pensare in immagini? Sul rapporto illustrazione-parole nel lavoro editoriale.
Se «nei sogni iniziano le responsabilità», per dirla con Delmore Schwartz, è nella fantasia che se ne generano le fattezze. Già, perché la prima cosa che ho imparato lavorando insieme a Michel Chabaneau, in arte Chabacolors, è che la fantasia non è un mondo arbitrario, avulso, sganciato dal reale ma è il suo specchio. Traducendo in strangerthinghese, la fantasia è il sotto-sopra della realtà. Tanto da far valere la sorprendente equazione: più sorpresa, più verità.
Vale la pena dirlo subito, Michel Chabaneau è il grafico, illustratore e Art-Director di Globus. E ci siamo tolti il dente. Il fatto è che soltanto quando lavori a stretto contatto con qualcuno, quando ne segui i ragionamenti, ne percorri le catene argomentative, come Pollicino le briciole di pane, ti accorgi quanto può pensare diversamente uno che è abituato a pensare per immagini.
E la cosa è sorprendente.
Perché ne parlo adesso? Perché Chabacolors inaugura il nuovo sito, al quale ho avuto anche l’onore di collaborare in minima parte. Per quanto uno come me – è chiaro –, abituato a “pensare attraverso il linguaggio”, uno cioè che Derrida avrebbe tacciato di fonocentrismo pulito pulito, possa consigliare dove vadano messe le immagini ad uno che è abituato a pensare per immagini. Fatto sta che stai lì e ti sbatti per cercare di capire dove è meglio mettere il Menu, come deve comparire una scritta, se da destra rotolando o dal centro apparendo come da una nebbiolina, che di colpo – zac – sei attraverso da una domanda: cos’è la fantasia se non un sito web fichissimo, dove in ogni luogo può sorgere qualcosa di totalmente inaspettato?
Ecco cosa è michelchabaneau.com. Perché michelchabaneau.com è uno spazio dello fantasia. Tu entri e ti trovi davanti a omini rosa, blu, verde acqua, omini arancioni e biker azzurri. Quello verde acchiappa un gallo, forse per tirargli il collo, quello rosso tiene con forza un guinzaglio cercando di trattenere un cane che sta per volare via. Poi c’è un enorme ciccione al centro, una roba tipo Jabba, che però tiene aperto dietro la schiena un delicatissimo ombrellino cinese, che però è a sua volta un disco d’arancia. Sulla destra, un occhio malinconico con mani e piedi che tiene ferma una lancia. Ecco, tutta questa roba riesce in qualche modo, compiendo senza dubbio un salto mortale del pensiero, ad essere una descrizione esatta della realtà.
Del resto è Riccardo Falcinelli, uno dei più importanti visual designer nel panorama della grafica italiana, a testimoniare nel suo ultimo saggio Cromorama (Einaudi 2017) – un’analisi pazzesca sul ruolo del colore nella “società delle immagini”– quanto siano proprio le differenze cromatiche, più di ogni altro indicatore, a «informare come nelle mappe, a sedurre come nelle pubblicità, a narrare come al cinema, a gerarchizzare come nelle previsioni del tempo, a organizzare come nell’infografica, a valorizzare come nei cosmetici».
Allora capisci come mai un bambino che voleva fare il paleontologo, e ricopiava i dinosauri per studiarli, è finito col deviare la sua strada verso l’illustrazione. E come già i denti aguzzi di un T-Rex, capaci di un morso con la forza di 57.000 newton, stavano affilando non più la carne di un Brontosaurus ma la capacità immaginativa di un ragazzino, sua insaputa.
La prima volta che finisce un’animazione è stato per un pezzo musicale scritto da lui con lo scopo di denunciare l’Ilva di Taranto. Ancora una volta: focus, realtà. Già, la realtà. Il tutto però sta nella modalità, nella forma, nel modo in cui costruisci la cornice attorno alla realtà.
C’è questa storia di un giovane Guy de Maupassant che va a casa del più anziano e affermato Gustave Flaubert per chiedergli come si diventi uno scrittore. Flaubert lo porta davanti a un albero nel suo giardino e gli chiede cosa stessero guardando. Maupassant gli risponde che, senza dubbio, si trovavano davanti a un albero. Allora il maestro, con il fare oracolare che hanno tutti quando devono insegnarti qualcosa, gli risponde una cosa come: «Bene, ora descrivo letterariamente». Appunto, in arte conta il come. Perché la realtà, la realtà ce l’abbiamo già tutti sotto il naso.
E per questo per parlarti della fragilità della situazione politica italiana trovi, sempre in Home Page a tutto schermo – una goduria per gli occhi –, un uomo che traccia sulla sabbia il perimetro della penisola illuminato soltanto dalla lampadina che gli sbuca dalla testa. Quando in lontananza vedi un’onda. E per questo che per descrivere il fenomeno del selfie si mette a dipingere, come se fosse su una tela a olio, un Narciso tagliato dalle spalle in su, il cui viso vedi solo perché specchiato sull’acqua, che tocca uno smartphone galleggiante sul lago.
Del resto è Chabacolors stesso a confessare che l’aspetto più stimolante nel lavorare come illustratore all’interno del mondo editoriale è avere sempre una sfida di fronte. «Perché impari ad ascoltare, a empatizzare, a decodificare mondi che prima non sapevi nemmeno esistessero», perché devi dialogare con le parole scritte. Da questa miccia accesa tra due creatività esce fuori il risultato definitivo: articolo + illustrazione.
Lavorare con Michel Chabaneau, in arte Chabacolors, è essere costantemente spiazzati – anche in maniera prevedibilmente frustrante: lo sai che ti accadrà, e non puoi farci nulla –, da una sorta di estasi percettiva, una sorta di quella supersensorialità che Simon Critchley (einaudi 2018) ravvisa per le partite di calcio. È una sensazione costruita come la somma di due eventi che accadono simultaneamente. Uno è la sospensione della realtà: finché stai lì e guardi quel mondo, fatto di omini colorati che fanno cose completamente fuori di testa, e da ogni criterio meccanicistico-fisico, quel mondo è l’unico che conti qualcosa per te. L’altro è il Coming Back. Quando cioè ti accorgi che comunque vivi in un condominio e che la realtà è fatta solo di esseri umani quasi tutti uguali a te.
Posso confessarlo in tutta franchezza, Michel Chabaneau, in arte Chabacolors, non è soltanto un professionista di quel tipo particolare di traduzione che classicamente viene nominata ekphrasis. Perché Michel Chabaneau, in arte Chabacolors, è come quell’amico che ti offre sempre un doppio brindisi.
Costruire un racconto sopra un altro racconto.
Ecco, pensare in immagini.
Matteo Sarlo ha scritto per diverse riviste filosofiche, di critica cinematografica, viaggi, cronaca e narrativa urbana. Nel 2018 ha pubblicato Pro und Contra. Anders e Kafka.
Matteo Sarlo ha scritto per diverse riviste filosofiche, di critica cinematografica, viaggi, cronaca e narrativa urbana. Nel 2018 ha pubblicato Pro und Contra. Anders e Kafka.