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Musica leggerissima, o del desiderio del vuoto.
05/03/2021|L'EVENTO

Musica leggerissima, o del desiderio del vuoto.

illustrazione e parole di Matteo Sarlo

Se fosse un’orchestra a parlare per noi
Sarebbe più facile cantarsi un addio
Diventare adulti sarebbe un crescendo
Di violini e guai
I tamburi annunciano un temporale
Il maestro è andato via

È l’annuncio di una catastrofe, quello di Dimartino & Colapesce. Una catastrofe che non può essere detta ma soltanto, al limite, suonata. Se solo ci fosse qualcuno in grado di dirigere il nostro addio. Perché non solo non c’è più nessuna orchestra in grado di curare le ferite del reale, ma non c’è più nessuno che ne calibri il canto.
All’interno di quella è che nei fatti una situazione di crisi, occorre allora desiderare il proprio destino: incombe il vuoto, tanto vale desiderarlo.

 Metti un po’ di musica leggera
Perché ho voglia di niente
Anzi leggerissima
Parole senza mistero
Allegre ma non troppo

Metti un po’ di musica leggera, anzi leggerissima. Canzoni buone da mangiare, l’avrebbe detta Brunori Sas. Perché se nulla ha più significato, l’operazione corretta diventa quella di riconfigurare l’oggetto del proprio desiderio, non più il senso ma il niente. Non più parole-significati ma parole-segni, non più fatti ma percezioni.

Metti un po’ di musica leggera
Nel silenzio assordante
Per non cadere dentro al buco nero
Che sta ad un passo da noi, da noi
Più o meno

Perché soltanto una musica leggera, anzi leggerissima, è in grado di agire su due livelli: 1) agguanta il vuoto, 2) protegge dal nulla. Già perché se il vuoto ha una grande tradizione filosofica (a partire dalla disputa atomisti-aristotelici), il nulla – quello che si trova oltre il confine del pensabile – è invece una potenza azzerante.

 Se bastasse un concerto per far nascere un fiore
Tra i palazzi distrutti dalle bombe nemiche
Nel nome di un Dio
Che non viene fuori col temporale
Il maestro è andato via

Già, sul limitare di questo orizzonte degli eventi sarebbe bello sognare ancora che un semplice concerto possa funzionare da farmaco. Ma il maestro d’orchestra, colui che detta la lettura dell’astrazione musicale, che spiega, che intenziona il pezzo, non occupa più il suo posto sul palco. La musica non redime senza colui che ne offre la “chiave”. Quello che rimane è invece una sola canzone, una stupida canzone, ma questa sì più complessa di un concerto, in grado di ricucire (ancora una volta) un tessuto palpabile – se non di senso, quanto meno di interazione connettiva.

Rimane in sottofondo, ma proprio dal fondo si deve ripartire. Di una festa, di un supermercato, di un quartiere assolato. Quello che conta è che agisca ad un livello basilare, di nuda vita: e in questo senso la palestra vale tanto quanto la mente.

È soltanto una canzone, una stupida canzone, che può tenere in piedi una festa – naturalmente dimessa, una festa zoppicante, una festa di merda.

Rimane in sottofondo
Dentro ai supermercati
La cantano i soldati
I figli alcolizzati
I preti progressisti
La senti nei quartieri
Assolati
Che rimbomba leggera
Si annida nei pensieri
In palestra
Tiene in piedi una festa
Anche di merda

E allora, ecco il cortocircuito, puoi ripensare alla tua vita. Puoi di nuovo riflettere (non solo vivere). Alle cose che hai lasciato, puoi cadere – stavolta col pensiero – nello spazio della tua indifferenza.

Devi sembrare impegnato senza esserlo, cantano ancora Dimartino e Colapesce in Il prossimo semestre (seconda traccia dell’album I Mortali2). Ed è vero, special modo per quello che la frase omette. Non è tanto questione di sembrare impegnati per poi agire da superficiali. Quanto quella di darla a bere a tutti, di sembrare leggeri. Sapendo che è l’unico modo per essere impegnati.

Metti un po’ di musica leggera
Nel silenzio assordante
Per non cadere dentro al buco nero
Che sta ad un passo da noi, da noi
Più o meno

Matteo Sarlo è nato a Roma nel 1989, dove vive e lavora come editor.
Nel 2018 ha pubblicato Pro und Contra. Anders e Kafka, una riflessione sulla filosofia di Günther Anders interprete di Franz Kafka.

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