illustrazione di Matteo Sarlo
parole di Riccardo Ponis
La crema Budwig è un centrifugato di cereali integrali crudi: con il suo apporto nutritivo riesce a fornire in un unico pasto la bilanciata quantità di proteine, vitamine e carboidrati necessari per l’intera giornata. Ricca di antiossidanti, se assunta regolarmente, può prevenire i sintomi esteriori dell’invecchiamento. Questi ultimi, purtroppo, non sono connessi ai sintomi interiori: può difatti verificarsi che un ottantenne percepisca l’età interiore di un quindicenne o viceversa. Sta di fatto che l’anziano moderno ricorre ad ogni sistema per allontanare da se stesso lo spettro della morte. Una cosa normale, si dirà. Ma c’è qualcosa di più preciso. Non è solo impegnato a riconquistare la sua giovinezza estetica, è tendente a rifiutare il ruolo di “guida” per le nuove generazioni. L’esperienza non è più considerata una virtù e i “vecchi”, che vogliono essere “giovani”, condannano così questi ultimi ad un destino rovesciato: essere loro guide.
I trend o gli interessi giovanili incuriosiscono le vecchie generazioni che, in nome di una maggiore comprensione nei confronti delle nuove, tendono ad istituzionalizzare gli interessi giovanili (la cosiddetta street art ne è un esempio). Il rifiuto della vecchiaia porta però ad una preoccupante conseguenza: rendere impossibile un’autentica ribellione giovanile. Senza ribellione non c’è crisi e senza crisi non avviene un’evoluzione.
Il principale mezzo che ha reso possibile l’eliminazione della ribellione è il “fair-play”, ossia quel comportamento che spinge le persone a non prendere una posizione netta riguardo qualcosa perché non si vuole “offendere” nessuno (la vera ribellione, per essere tale, necessita di offesa). In questa maniera a trionfare è la “mediocrazia”, per utilizzare il termine che dà il titolo al saggio di Alain Deneault, ossia la supremazia del mediocre. Una società in cui dei professionisti laureati col massimo dei voti vengono pagati per creare in laboratorio invenzioni inutili come pomodori quadrati da mettere più comodamente nel panino, genera individui frustrati che non possono ribellarsi perché privati di ogni riferimento al buon senso (data l’assenza di una “guida” che valuti negativamente un processo simile). È quindi una società in cui chi è troppo capace e si rifiuta di fare i “pomodori quadrati” è emarginato come chi è incapace a fare tutto: in sostanza, progredisce solo chi è ben soddisfatto di fare pomodori quadrati. La prospettiva della mediocrità è il futuro che ci attende; non c’è spazio per un pensiero individuale, c’è solo un pensiero collettivo da condividere, che non può essere né bianco né nero, ma solo di un’unica tonalità di grigio.
Il suicidio era un (criticabile) atto di ribellione nei confronti della società: un “togliere il disturbo” in un luogo in cui non ci si trovava a proprio agio. Dall’uscita de I Dolori del giovane Werther di Goethe (romanzo che generò, per questioni emulative, più di mille suicidi dalla sua uscita) fino a quelli ispirati dalle canzoni heavy metal, “l’uccidersi” ha sempre mantenuto una propria intimità. Oggi, grazie alle nuove tecnologie, anche il suicidio, assieme ai maltrattamenti e alle peggiori anomalie del comportamento umano, è un atto da condividere che, come nel caso del fenomeno della Blue Whale, crea filmati. Quanto essa sia una montatura mediatica non è rilevante in questa sede; il punto da analizzare è il ruolo del filmato. Se non ci fosse il filmato la Blue Whale non sarebbe possibile. Il filmato del proprio suicidio serve a “vincere al gioco” e non è protesta ma crea altri filmati di servizi televisivi che a loro volta generano introiti. Il suicidio quindi è stato sdoganato e reso pop: nella Blue Whale equivale ad un capriccio per farsi notare, come un videoblog stravagante visitato da milioni di persone.
I concorrenti della Blue Whale, devono ubbidire agli ordini (per quanto assurdi possano essere) fornitegli dai cosiddetti curatori allo stesso modo in cui il mediocre ben pagato deve creare (per quanto assurdo possa essere) i pomodori quadrati.
È stato detto che la persona che ha inventato la Blue Whale ha frequentato per tre anni la facoltà di psicologia, quindi “sa come manipolare la mente dei giovani”. È stato anche affermato che tutte le vittime di questo gioco fossero persone non problematiche: se allora ci ricolleghiamo al discorso sul fair-play, essere problematici significa non voler fare “i pomodori quadrati”. Le persone problematiche criticano lo status quo di cui sono succubi. Se si è normali si è Pop e se, come diceva Warhol riguardo alle sue opere, il significato si trova non all’interno ma in superficie, allora la causa del suicidio, di questo suicidio, è nella superficialità. Un mondo in cui la gente fa ciò che gli si dice (tipo buttarsi da un palazzo e filmarsi) è un mondo che non conosce la ribellione. Un “mondo giusto” dovrebbe considerare la “critica” come un indicatore di salubrità; ma le critiche vengono fatte da persone con esperienza che, se considerate credibili dalla società, non renderebbero più possibili determinati sfruttamenti commerciali tipo servizi televisivi finto impegnati che mostrano il suicidio di ragazzi in diretta. Perché un mondo che non riesce a non sfruttare, impaurito dalle crisi, è un mondo che rimarrà per sempre giovane e non avrà mai la consapevolezza della propria fine.
Riccardo Ponis è cantante e compositore della band Metibla. Ha diretto videoclip per band indipendenti e scritto saggi sulla storia del cinema. Ha curato numerose rassegne di cinema indipendente ed è stato docente di Master nell’ambito dell’editoria. Da qualche anno si dedica alla sceneggiatura cinematografica.