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25/09/2018|L'ANALISI

Il Potere della Rete.

Filosofia dei Power Rangers.

 

Illustrazioni

di Daniele Di Nicuolo

parole di

Lorenzo Di Maria


Da dove prendono i loro superpoteri i Power Rangers? Dal World Wide Web. Perché, come ha dimostrato il filosofo Luciano Floridi, l’online e l’offline non sono più condizioni separate del vivere, tutt’altro: l’uomo contemporaneo vive sulla soglia della loro indistinzione e indifferenza.
Un mostro intergalattico minaccia la Terra. Cinque normalissimi ragazzi sono chiamati a salvarla. Si trasformano, lo sconfiggono. Si ripresenta cento volte più grande e lo risconfiggono con l’aiuto di robottoni combinabili tra loro. Questo è quello che succede più o meno in ogni puntata dei Power Rangers. E di puntate ce ne sono stata centinaia, se si considera che siamo giunti alla ventiseiesima stagione. Da quel primo episodio della prima serie, Mighty Morphin – quella coi dinosauri e la sigla heavy metal per intenderci – sono passati venticinque anni. Venticinque anni in cui una inscalfibile impalcatura narrativa riapplicata ad ogni circostanza, ad ogni nuovo nemico, ad ogni nuovo team di eroi, ha reso Power Rangers un incredibile fenomeno di culto, anche solo per i suoi aspetti santificati dal gusto goliardico, attualissimo, per il trash. È proprio per questo del resto che la Hasbro, la multinazionale che ne detiene i diritti, ha indetto per lo scorso 28 agosto il National Power Rangers Day, evento in occasione del quale migliaia di giovani in giro per il mondo hanno condiviso sui social contenuti di ogni tipo, da semplici video a veri e propri cosplay, inerenti ovviamente l’universo Power Rangers. Come Spiderman: ragazzi che salvano il mondo L’esplosione dell’universo Marvel ci ha portato a conoscere personaggi complessi, trame articolate, precedentemente appannaggio dei soli amanti del fumetto. E così Hulk oltre a “spaccare” si rivela essere anche una persona profondamente sofferente, Daredevil esprime un’incredibile profondità, Black Widow è una supereroina ma prima ancora una spia, Doctor Strange e Black Panther hanno un fascino irresistibile e per nulla scontato. Per non parlare, sul versante DC, di Batman che abbiamo imparato a conoscere in tutta la sua tormentata interiorità con Tim Burton e Cristopher Nolan. C’è però un supereroe che, con le dovute differenze, può essere accostato ai Power Rangers: l’Uomo Ragno. “L’amichevole Spiderman di quartiere”, il teenager che affronta i cattivoni con la leggerezza degli adolescenti. Insomma, un eroe fatto apposta per riconoscerci ed empatizzare con lui. Esattamente come i Power Rangers: si tratta innanzitutto di ragazzi, chiamati ad un compito altissimo ma che affrontano perlopiù in maniera leggera, giovanile, quasi divertendosi, in una non-separazione del piano supereroico da quello quotidiano, scolastico e così via. Anzi, sconfiggere il mostro di turno è quasi sempre la fonte di un insegnamento morale, utile per crescere e affrontare la vita: il target di riferimento è pur sempre quello pre-adolescenziale, non dimentichiamolo. Super Sentai Immedesimazione peraltro favorita dalla versione americana di Power Rangers, quella che abbiamo avuto modo di vedere qui in Italia. Già, perché i Power Rangers, così come abbiamo imparato a conoscerli, sono un adattamento della serie giapponese Super Sentai: gli stessi Power Rangers ma, sotto il casco, attori giapponesi. Nelle sequenze di lotta, quelle da mascherati, sono state preservate le scene originali, mentre le scene senza casco sono state girate nuovamente con attori statunitensi, ma di ogni tipo e colore per venire in contro al raffinato palato catalogante, stereotipante, di noi occidentali. E così, come accade da sempre nella tradizione seriale americana (si pensi a Star Trek), c’è sempre un leader, una svampita, un orientale, un uomo di colore, un timido/secchione e così via. Mi riferisco ovviamente a quella che è la concezione iniziale della serie televisiva, di Mighty Morphin Power Rangers. Bisogna chiarire, ad onor del vero, che nel corso degli anni molti aspetti sono andati migliorando e che il potenziale offerto dai nostri variopinti supereroi si è potuto sprigionare attraverso altre vie. Su tutte, quella fumettistica. Ho avuto modo di conoscere di recente Daniele Di Nicuolo, uno dei disegnatori del fumetto dei Power Rangers per i BOOM! Studios. Fumetto peraltro scritto da Kyle Higgins, autore tra gli altri di fumetti di Batman. Ho avuto modo di leggere poche cose ma posso dire con relativa certezza che, se la serie tv appare spesso monotona e a tratti ridicola e banale, il taglio dato al fumetto è decisamente più profondo, articolato, complesso dal punto di vista dell’intreccio ma anche della caratterizzazione dei protagonisti. Diverse ambizioni, diverso pubblico, più qualità.
Il rapporto con la tecnologia Ma torniamo ai supereroi. Se i meccanismi dell’immedesimazione si attivano coi Power Rangers analogamente a come si attivano per Spiderman, sul versante dei poteri acquisiti per combattere, i nostri eroi in casco e tutina somigliano di più ai vari Batman o ad Ironman: uomini comuni con a disposizione tecnologie in grado di potenziarli. Oppure Ant-man, vista la presenza di tuta e casco per acquisire poteri nonché – forzando ironicamente l’analogia – la necessità di cambiare dimensione per sconfiggere i nemici di turno. Con i vari Batman e Ant-man abbiamo però un ricorso autonomo, volitivo e creativo, alle tecnologie. I Power Rangers invece le agiscono pur non avendole create ma comunque non subendole come un Peter Parker ha subito la sperimentazione sui ragni o un Bruce Banner ha subito un’onda anomala di raggi gamma. Arriviamo così a ciò che ha conferito a Mighty Morphin Power Rangers un valore assoluto, ciò che a ragione ha reso questa serie tv un fenomeno di culto, una pietra miliare della nostra epoca, rappresentativa del passaggio consumatosi tra gli anni Novanta e i primi Duemila. La domanda fondamentale che infatti va posta a questo punto della nostra disamina è la seguente: da dove derivano il loro potere i Power Rangers? Da dove prendono il loro potere? La domanda è fondamentale in quanto la risposta è visionaria, pionieristica se consideriamo che il World Wide Web nasce appena tre anni prima di Power Rangers. Sì, perché questi normalissimi adolescenti si trasformano in supereroi passando proprio attraverso esso, attraverso il WWW. In quale altro modo può essere difatti interpretata quella Morphing Grid onnipervasiva a cui i nostri si connettono per trasformarsi? Non è certo un caso che, nella traduzione italiana, quella “griglia di trasformazione” sia diventata la Rete Universale dei trasformanti. C’è insomma una rete larga come il mondo alla quale dei giovani si connettono per riuscirne potenziati. È la metafora perfetta di un’umanità bambina che nel 1993 entrava in contatto col mondo intero attraverso Internet. Zordon, il primo mentore dei Power Rangers, è un’intelligenza aliena, futuristica, di cui vediamo solo il faccione, altro non rappresenterebbe se non l’interfaccia, mediatrice essenziale del rapporto tutto nuovo tra l’uomo e l’etere. Attraverso la Rete Universale i nostri eroi assumono nuove capacità, nuovi poteri. Esattamente come l’umanità attraverso il web. Ma in che senso? In cosa risiedono queste capacità? La società del colore come filtro Innanzitutto, il potere dei Power Rangers è contenuto nelle loro tute e nei caschi che si sostituiscono magicamente, in un istante, ai vestiti quotidiani proprio nel passaggio attraverso la Morphin Grid. La Rete cioè fortifica l’uomo proprio nel renderlo avatar di se stesso. Lo trasforma e lo migliore perché gli cambia i vestiti. L’identità è preservata ma resta in quanto tale, al di là di ogni volto. È interessante richiamare a tal proposito la lunga e attenta analisi di Riccardo Falcinelli, autore di Cromorama. Come il colore ha cambiato il nostro sguardo. Qui viene dimostrato come il colore, che ha sempre organizzato sistemi simbolici di riconoscimento, sia divenuto, nell’attuale società delle immagini, non solo un rimando simbolico né tantomeno un mero accidente come veniva considerato in passato, ma il filtro attraverso cui percepiamo la realtà stessa. Nell’era dei social networks siamo molto più colore che linea. Basti come prova il fatto che ogni nostro selfie passa attraverso la ricolorazione dei filtri Instagram. Le divise dei Power Rangers sono dunque colorate proprio perché la società delle immagini ci trasforma in macchie di colore e sposta sul colore tutte le questioni relative alla personalità, al riconoscimento, all’identità, molto più di quanto si pensi. Questo però non va inteso come un male: i Power Rangers insegnano anche che è possibile togliersi il casco restando comunque, potenziati, nella tuta. Il volto cioè è avvolto, trasfigurato, colorato, filtrato, trasformato, ma non è perso né sostituito. Troviamo qui una rappresentazione perfetta di come – per citare invece La quarta rivoluzione del filosofo Luciano Floridi – l’online e l’offline non siano più condizioni assolutamente separate del vivere, tutt’altro: l’uomo contemporaneo vive sulla soglia della loro indistinzione e indifferenza.
Tecnologia come protesi In secondo luogo, il potere dei Power Rangers risiede nella loro possibilità di evocare, quando il gioco si fa duro, dei robot giganti da loro teleguidati, gli Zord. Questi fedelissimi animali iper-moderni, rappresentano tutte quelle ICT che possiamo controllare attraverso altre ICT (simbolicamente, i morphers), col fine di svolgere mansioni altrimenti precluse all’uomo. La caratterizzazione tendenzialmente zoomorfica degli Zord è importante se associamo l’animale a due concetti fondamentali: il suo essere un passo indietro rispetto all’uomo sulla linea evolutiva e il suo assumere per l’uomo stesso un valore puramente strumentale. Tecnologia come protesi, parte aggiunta, non intero ma solo “mezzo”. Oltre questo punto di vista sussiste però la novità visionaria: più in là dei robot-animali c’è un robot-uomo, Megazord. Robottoni antropomorfi sono comuni nella tradizione di manga e anime giapponesi. Goldrake e Jeeg avevano cresciuto già la precedente generazione quando fece la sua comparsa Megazord. La differenza stava nella conquista progressiva, “evolutiva”, della forma umana. Se, prese separatamente, le varie ICT animalesche assumevano un valore strumentale, erano cioè mezzi particolari e peculiari, adesso quelle stesse particolarità e peculiarità vengono riunite in una nuova ICT in grado di sconfiggere ogni nemico dell’umanità, una ICT che non è più fedele servitrice dell’uomo ma ne assume le stesse sembianze, è a sua immagine, è l’Uomo stesso. Ancora una volta torna prepotentemente in Mighty Morphin Power Rangers l’intuizione per cui la tecnologia intesa come era stato fatto fino ad allora, ovvero come semplice insieme di strumenti utili alla quotidianità ma separati da essa (e spesso nostalgicamente o luddisticamente rifiutati), non aveva più senso nell’era di Internet (e dei microprocessori). Megazord che nasce dal collegamento dei vari Zord è cioè metafora del fatto che l’insieme degli strumenti tecnologici funzionali alla vita umana non è qualcosa di separato da essa ma corrisponde ad essa, coincide oramai con l’umanità stessa e ad essa è sovrapposta. Definire l’uomo oggi è impossibile senza riferimenti al suo più essenziale sostrato ontologico: le ICT e la Rete. Tutti per uno, uno per tutti Strettamente connesso a questo discorso è il terzo elemento che caratterizza la forza dei Power Rangers. L’unione. Presi singolarmente valgono poco (e qui si arrabbia Daniele Di Nicuolo, co-autore di uno spin-off dedicato a Kimberly Hart, la prima leggendaria pink ranger). La morale di ogni puntata, la sua ridondante conclusione è sempre la stessa: l’unione che fa la forza. Un motto che, preso da un punto di vista etico, sa di già detto e ridetto, di banalità, senza nulla togliere all’importanza di un tale insegnamento morale per i giovanissimi a cui la serie televisiva si rivolge. Se però spostiamo l’asse interpretativo sul punto di vista concettuale, la banalità scompare dietro all’intuizione di una Rete Universale che potenzia proprio perché connette, combina, unisce. La rete in frantumi Si tratta senz’altro di una visione “cyberottimistica”, ingenua ma sincera se la contestualizziamo nel lontano 1993. Non credo sia un caso il fatto che, a venticinque anni di distanza, nel 2018, la serie speciale di fumetti, disegnata da Di Nicuolo, sia stata chiamata Shattered Grid, letteralmente “griglia in frantumi”. La frammentazione sociale è stata forse il più grande effetto collaterale della rivoluzione digitale. Quella Rete Universale che avrebbe dovuto unire il mondo ha creato nuove fratture, nicchie e universi paralleli il più delle volte in conflitto tra loro. Ma una serie sui supereroi non può lasciar trasparire pessimismo e visioni apocalittiche. Così la Rete Universale frantumata diventa l’espediente narrativo che consente, in un enorme crossover, l’incontro di tutti i Power Rangers succedutisi nel corso di questi anni. Fuor di metafora, forse oltre la frantumazione c’è una speranza di salvezza. Straordinariamente i nostri supereroi in tutina e casco colorati ci portano a porre una questione nuova: e se la frantumazione della sfera pubblica causata dal Web fosse il presupposto per ricrearne un’altra più grande e più forte? E se la Rete, proprio per il tramite della sua frantumazione, offrisse in tal modo una possibilità di incontro a tutti coloro che, parallelamente, in modi e mondi diversi, secondo diverse qualità e capacità, combattono per la realizzazione di un fine altissimo? L’unione accrescitiva, potenziante, è ricostituibile anche se la Rete è frammentata, dunque anche al di là ma soprattutto in virtù del conflitto che ne deriva e dell’esigenza comune di superarlo.
questo articolo è l’estensione di Venticinque anni di Power Rangers: tra stereotipi e intuizioni visionarie, pubblicato il 29 agosto 2018 su PopMag.it

immagini a gentile concessione di Daniele di Nicuolo (Hasbro)

Lorenzo Di Maria è laureato in Filosofia con una tesi sulla fine della storia e del politico in Alexandre Kojève. Ha pubblicato articoli per PopMagLo Sguardo e Players e PopMag

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