Hook – Capitano Uncino
l’isola che non c’è
come metafora del
Cinema
illustrazione di Michel Chabaneau parole di Matteo Sarlo
Uncino Coraggio Peter, sfodera le tue armi
Peter d’accordo.
Tira fuori il libretto degli assegni
Quanto facciamo?
Uncino Lo sai che non sei veramente Peter Pan vero? Questo è soltanto un sogno. Quando ti sveglierai sarai solo Peter Banning, un uomo insensibile ed egoista che beve troppo, ossessionato dal successo e che non ha mai tempo per la moglie e i figli.
Gli ultimi 20 minuti Da qui partono gli ultimi 20 minuti di Hook. Qual è la strategia di Uncino? Qual è il colpo che tira fuori all’ottantanovesimo? Ricordare a Banning la realtà, cioè la fiction di grado 1. Fare tabula rasa di tutto il resto, che è quello che rende la fiction di grado 1 accettabile e che, in un cortocircuito autolesionistico, è poi il suo mondo. Cioè Uncino sta giocando a fare il gemello cattivo di Kant: esiste solo il Reale/Noumeno e qualsiasi tipo di schermo/schermatura è soltanto un sogno. Cattivo, perché persino lo schermo delle categorie diventa inutile. Rischiare tutto, per vincere tutto. Questo tipo di meccanismo è azzerante, perché si tratta di instillare l’idea di un nichilismo assoluto. L’idea che non c’è nessuna redenzione dal deserto dell’immaginario. Ma qui sta la differenza tra Kant e Hegel. Peter sente le voci dei bambini sperduti che affermano di credere in lui, si alza, sconfigge uncino, riporta i bambini a casa e lascia l’isola che non c’è. Ma non senza averne incorporato lo spirito. La struttura del film è infatti tipicamente hegeliana: Peter Banning prima di ricordare di essere Peter Pan = PB in sé Peter Banning che ricorda di essere Peter Pan sull’isola che non c’è: PB per sé Peter Banning che ricorda di essere Peter Pan tornato a Londra = PB in sé e per sé La confessione Peter si sveglia nel giardino di casa. Il sottotesto è ovviamente che lui si sia preso una bella sbronza. Naturalmente le cose sono andate così. Poi sente un tintinnio e pensa a Trilli. Ma scopre che è il suono prodotto dalle bottiglie di vetro spostate da uno spazzino. Alza la testa, lo spazzino è Spugna che gli fa la solita battuta maschilista e cameratesca: «qualche noia con la signora moglie? vedrai quando torni a casa». È evidente allora che tutto è stato una “proiezione”. Poi un bagliore. E questa volta è davvero Julia Roberts/Campanellino, seduta sulla spalla della statua di Peter Pan:
Trilli Dillo Peter, dillo seriamente
Peter Banning Io credo nelle fate
Trilli Sai quel luogo che sta tra il sogno e la veglia, dove ti ricordi ancora che stavi sognando? Quello è il luogo dove io ti amerò sempre, Peter Pan. È lì che ti aspetterò.
Matteo Sarlo ha scritto per diverse riviste filosofiche, di critica cinematografica, viaggi, cronaca e narrativa urbana. Nel 2018 ha pubblicato Pro und Contra. Anders e Kafka.