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Da dove nascono i MEME e come funzionano

parole di Alessandro Mambelli illustrazione di Michel Chabaneau

La prima cosa sconcertante che scopri sui meme è che non sono un prodotto virale così semplice e a tratti stupido come potrebbero apparire; originariamente non vivevano neppure su Internet, e la parola fu coniata dal neodarwinista Richard Dawkins sulla base di “gene” per parlare di trasmissione culturale.

Secondo Dawkins, se il gene è la porzione minima di DNA responsabile della trasmissione dei caratteri ereditari, allora il meme è la porzione culturale minima trasmissibile e responsabile della conservazione del sapere.

Per esempio, se un uomo primitivo scopre che sfregando due pezzi di legno si può creare una cosa calda che allontana gli animali feroci e rende meno indigesti quelli cacciati, allora trasmetterà al figlio questa conoscenza – questo meme. Come il DNA è alla base della vita, così la cultura è alla base della consapevolezza di se stessi; se la nostra ereditarietà biologica è trasmessa di generazione in generazione, allora non è stupido chiamare “meme” l’ereditarietà culturale – dopotutto, la cultura è il patrimonio genetico di un gruppo di persone che pensano in un certo modo e che quindi sono in un certo modo.

Come si attiva la trasmissione il meme Una trasmissione culturale può avvenire solo tramite due modalità, correlate tra loro, e cioè 1. per imitazione e 2. per fede. L’uomo primitivo mostra a suo figlio come fare il fuoco,  suo figlio si fida e imita il padre, cioè – secondo sempre la Treccani – riproduce in modo uguale o simile – dove “uguale” si riferisce al fatto di replicare un gesto, mentre simile al fatto di poterlo perfezionare (il figlio scopre che si possono allestire le pietre in un certo modo per impedire al vento di spegnere la fiamma). La trasmissione culturale per imitazione è sostanzialmente evoluzione, perché ad ogni passaggio si impara e si migliora, portando quella tecnica o quel concetto in territori inesplorati; ma, anche, la trasmissione culturale per imitazione è un atto di fede, perché l’allievo impara dal maestro un concetto che prende a priori per buono. Fede e Dogma In generale funzionano così i dogmi religiosi – credere a una cosa senza poterla dimostrare –, come anche le storie e le leggende: A racconta una storia a B, B la prende per vera o per buona e la racconta a C, C la crede interessante o ineluttabile e la racconta a D eccetera.
Ovviamente, quando si racconta una storia o si professa una religione – o anche quando semplicemente si racconta una barzelletta sentita al bar – questa viene modificata, interpretata diversamente e filtrata – e nel caso della barzelletta sempre infiorettata per renderla più bella barra divertente. Questa tendenza si chiama deriva mimetica ed è tipicamente umana: chi trasmette un meme lo fa modificando il meme stesso, volontariamente o no, perché è “umanamente” diverso da chi a sua volta glielo aveva passato. Il problema che emerge da tutto questo, è semplice e banale: dove finisce il meme? O meglio, quanto dev’essere grande quest’unità minima per essere definitiva meme? Dove finisce il meme e comincia la cultura propriamente detta? Insomma, è impossibile non parlare di meme quando si tratta di concetti semplici come accendere un fuoco, ma non si può certo parlare di meme quando discutiamo di fisica quantistica. Con l’evolversi della cultura – che ad ogni generazione è sempre di più – si sono evoluti anche i meme, sono diventati più grandi, più complessi, più ramificati e quindi, in ultima istanza, sono diventati essi stessi la cultura – le teorie di Dawkins non furono inizialmente ben accettate dalla comunità scientifica, in effetti, e tutt’oggi il dibattito è molto aperto. La conclusione logica più semplice – credo – è che dopotutto i meme siamo noi, sono ciò che ci rende umani, cioè organismi in grado di pensare, fare delle scelte intelligenti e scrivere saggi storici; sono meme anche tutti i dispositivi derivati dai meme – come Internet, per esempio, creato perché sapevamo già come sfruttare certe conoscenze matematiche precedenti con cui perfezionarci ed evolverci. Ecco, Internet è proprio quello che intendevo quando parlavo di meme che diventano cultura: il Web è un serbatoio infinito e navigabile in tutta la sua multidimensionalità, dove tutto il sapere è diventato Internet, dove tutti i meme sono Internet; oggi forse si può parlare di insegnamento in pillole, di aneddoti, di barzellette – se qualcuno le racconta ancora –, ma certamente non di meme in senso “genetico”. Quelle piccole immaginette Internet è quindi un punto d’arrivo ma è anche un punto di partenza che crea i “nuovi meme”. A pensarci, la prima cosa che viene in mente è una di quelle immaginette stupide con riferimenti alla cultura pop che ci fanno tanto ridere e a cui mettiamo mi piace. Pensare che dietro c’è tutto un mondo secolare di trasmissione del sapere e di umanità.
La prima cosa che c’è da sapere è che “meme” deriva da Internet meme, cioè “meme di Internet”, per cui meme nel senso in cui lo intendiamo tutti è semplicemente un’abbreviazione – o una specie di polisemia. Oggi il meme è una foto, una gif, un’informazione Web – quindi piccola, facilmente memorizzabile e trasmissibile (come teorizzato da Dawinks) – che viene condivisa fra gli utenti – anche solo di una ristretta cerchia finché non rompe i muri di questa – e si diffonde nell’etere, dove tutti la ri-condividono – eccetera. Ma bisogna fare dei distinguo: 1), innanzitutto, i meme di Internet si diffondono perché fanno ridere; una foto divertente è condivisibile perché la risata rompe le barriere ed è universale, mentre non avrei nessun motivo o voglia di condividere una foto triste. 2) all’inizio del Web 2.0 i meme nascevano all’interno di specifici gruppi “di nerd” e lì restavano, e se si diffondevano li capivano in pochi – penso al classico All your base are belong to us, la frase sgrammaticata di un videogioco che faceva ridere probabilmente solo quelli che lo giocavano (poi si è diffusa in tutto il mondo e oggi è un po’ un classico della cultura pop. Oggi, invece, siamo tutti un po’ nerd incalliti siamo in di più e la diffusione è più ampia perché anche Interne lo è. I meme oggi esistono solo perché hanno trovato questo terreno fertile in cui crescere e prosperare; dagli “antichi” meme di Dawkins hanno preso il nome e il concetto e lo hanno elevato alla massima potenza possibile. Come funzionano i meme I meme però non si fermano qui. Cercando informazioni sui primi meme moderni – e digitando su Google “meme storici” – ho trovato un sito che proponeva ripassi di Storia usando meme sui personaggi del passato; il mio primo pensiero, quindi, è stato che forse siamo arrivati da qualche parte, con questi meme, e il secondo che effettivamente io lo sapevo già – che eravamo arrivati da qualche parte –, ma me l’ero scordato. Quello che ho concluso, insomma, è che i meme non solo fanno ridere e sono pieni di riferimenti alla cultura pop, ma spesso possono anche unire queste due cose all’attualità o alla cultura alta e trasformarsi in qualcosa di nuovo, originale e potentissimo. Ho pensato alla pagina più famosa di questo tipo – cioè il SuperUovo –, e cercando fra i loro post ho trovato questo:
Ora, a me questo meme fa morir dal ridere, ma se dovessi spiegare perché mi fa ridere, probabilmente ci metterei un sacco di tempo – e questo perché le associazioni che fa il mio cervello sono istantanee, ma complesse. Ciò che voglio fare, quindi, è tentare di sviscerare le varie associazioni per evidenziare la profondità di questa immaginetta apparentemente idiota e capire il meccanismo della conseguente risata. Bene, ecco qua: 1), prima associazione: “Dio è morto” è l’enunciato più famoso di Nietzsche, cioè il filosofo nella foto in alto, e si riferisce al fatto che l’uomo è diventato così materialista ed egoista da aver perso quella sacralità e quella devozione religiosa che aveva un tempo (più o meno, chiaramente è molto, ma molto più complesso di così). 2), seconda associazione: Hagrid, nella foto sotto, è un personaggio di Harry Potter, e quella frase in particolare si riferisce al primo film, quando parlando del “defunto” Voldemort dice che per lui “è ancora in circolazione”. 2bis), tuttavia questa frase non cita direttamente quella scena, perché la verità è che la battuta non è così importante o ricordata; in realtà, la frase si riferisce ad un video piuttosto famoso di nocoldiz su YouTube che si intitola La Vera Storia di Harry Potter. Questo video ai tempi spopolò – vuoi perché Harry Potter è famosissimo o vuoi perché era divertente –, e ricordo che nel suo periodo di massimo splendore – frequentavo la quarta liceo – i miei compagni di classe citavano sempre questo passaggio (in cui Hagrid ripete la scena originale varie volte ma alternando la frase della foto a “per me è morto”). 3), terza associazione: 3.1), Nietzsche dice che Dio è morto e Hagrid risponde che è ancora in circolazione; 3.2), fa ridere perché io so che uno dei concetti più famosi di Nietzsche è quello secondo cui Dio è morto, e so che Hagrid si sta riferendo a Voldemort e non ha Dio; in più, so anche che quell’Hagrid lì è il personaggio non del film, ma di un video ignorante che prende in giro il film; 3.3), la risata scatta quando ad un concetto profondo, alto e filosofico come quello di “Dio è morto” associo una cavolata come quella di Hagrid; in particolare, scatta quando dopo aver letto una prima parte seria e logica a cui associo immediatamente il suo vero significato aggiungo una seconda parte che conclude la prima in senso illogico, irrazionale e sgangherato, ma che all’interno del sistema ha comunque “senso”, perché è come se a Voldemort – che è morto pure lui – avessimo sostituito Dio. Quindi un’immagine tutto sommato stupida e divertente come quella sopra contiene in realtà associazioni, meccanismi umoristici e riferimenti e congiunzioni fra cultura pop e cultura alta; è un meme che rappresenta, insomma, tutto un sistema culturale – quello occidentale – che viene trasmesso attraverso Internet sotto forma di immagine – quindi velocemente, pronto per essere ricondiviso, subito intuibile. Non voglio dire che la cultura passerà dai meme, in futuro – oltre che pretenzioso mi sembra pure stupido –, però senz’altro transiterà anche dai meme, e lo farà in maniera complessa e impeccabile – e con una risata, che non fa mai male.In più rido anche degli altri che non conoscono nocoldiz e che quindi non possono capire la battuta (poveri scemi).

Alessandro Mambelli nasce a Cesena nel 1997. Dopo aver frequentato il liceo scientifico capisce che la sua vera vocazione è un’altra, così comincia a scrivere e a frequentare Lettere Moderne a Bologna. Dopo alcune autopubblicazioni pubblica nel 2018 il suo primo romanzo breve, “Sunset Strip”, per i tipi di Geekoeditor, e poesie e racconti sulle riviste Alibi, Narradom e Rapsodia.

Matteo:
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